15/27 Febbraio 2025
Raja Ampat (Indonesia)
Una delle ultime frontiere della subacquea!
Viaggione invernale per riuscire ad avere uno scopo nella vita…
Raja Ampat, i “Quattro Re”, l’ultima frontiera dell’immersione subacquea: un incredibile arcipelago indonesiano di oltre 700 isole d’impareggiabile, insuperata bellezza sia sopra che sott’acqua. Una destinazione remota, esclusiva, per chi ha già visto tutto e vuole vivere in prima persona la straordinaria ricchezza di vita, le vertiginose cromie, gli immensi banchi di pesci multicolori che hanno fatto di questo paradiso vergine e ancora intoccato l’ultima imperdibile destinazione del turismo subacqueo. E per viverla al meglio, nell’inaspettato lusso di un resort raffinatissimo ed esclusivo, ecco gli eleganti bungalow di Sorido Bay, una manciata di chalet di grande comfort ed eleganza voluti dal leggendario Max Ammer, il cacciatore di relitti ed esploratore che ha scoperto per primo i meravigliosi segreti di Raja Ampat. Ma attenti: dopo esservi immersi su questi fondali tutti le altre barriere coralline del mondo vi sembreranno pallide, scolorite e quasi prive di vita!
IMMERSIONI
L’Irian Jaya è la parte occidentale della grande isola della Nuova Guinea che punta verso ovest ed è molto vicina alle Molucche e Hamahera. Le quattro isole – Waiego al nord, Batanta e Salawati al centro e Misool molto a sud – sono collocate nella parte di Irian Jaya conosciuta come la penisola “testa d’uccello” considerate l’ultima frontiera per gli appassionati di immersioni. Si può affermare che questa regione è la più ricca al mondo per biodiversità. Vi si trovano specie note quasi in sovrannumero, ma si trovano specie sconosciute che qui hanno trovato l’habitat giusto per proliferare. Raja Ampat è a 0° di latitudine, nessun luogo al mondo è più equatoriale. I venti forti sono rari, le condizioni marini sono molto stabili, il mare è raramente agitato. La temperatura varia da molto caldo a piuttosto fresco, piove in modo abbondante ogni giorno in continua alternanza con l’irraggiamento solare.
Una delle grandi caratteristiche di questa zona è la varietà della topografia. Ci sono pareti verticali, barriere coralline, pendii, creste, scogli emergenti, mangrovie, lagune e pinnacoli, tutti interessanti, tutti in grado di offrire un diverso spettacolo al riparo delle correnti che possono essere anche abbastanza importanti. Normalmente la visibilità subacquea è molto buona, varia dai 20 ai 40 metri a seconda le aree. Il 20 febbraio 2013, il governo locale di Raja Ampat ha annunciato ufficialmente l’intera area marina di 4 milioni di ettari è un santuario degli squali. Questo significa le la pesca indiscriminata dei selaci è proibita – il divieto si riferisce specificatamente ai pescatori cinesi che usano le pinne – e inoltre il santuario dà protezione automatica a tutte le altre specie oceaniche come mante, dugonghi, balene, tartarughe, delfini e specie di pesci ornamentali.
Il Rapid Assessment Conservation del 2002, progetto di analisi dell’area marina dell’Irian Jaya, secondo i propri dati ha riscontrato che rispetto a tutte le altre aree del Triangolo d’Oro – Filippine, Indonesia, Papua – ha il più esteso ecosistema non solo incontaminato ma il più ricco e vitale.
In pratica le isole che compongono questo territorio hanno mantenuto uno stato pressoché naturale vista la loro inacessibilità, la bassissima popolazione e la tecnica di pesca che usa sistema tradizionali. Il risultato delle ricerche ha dimostrato senza ombra di dubbio un elevato numero di specie presenti in questo mare che comprendono coralli, molluschi, pesci.
Questa regione, giudicata ai confini del mondo, meno conosciuta del continente africano, venne per così dire scoperta da un olandese amante delle immersione tal Max Ammer, che dopo aver girato mezzo mondo finì per stabilirsi a Kri Island nello Stretto di Dampier. Vista la qualità dei fondali costruì un primo eco-resort in pur stile papuasico. La vita sottomarina in questo punto, quella che stupì Ammer, è causata dalle forti correnti oceaniche che si incuneano nello Stretto dove l’isola di Kri funge da punto focale bloccando le correnti fredde che dal basso risalgono trasportando enormi quantità di cibo. La corrente è spesso tanto violenta che durante al seconda guerra mondiale i ricognitori americani scambiarono le rocce emergenti come navi camuffate nipponiche, bombardando a più riprese non delle navi ma le scogliere.
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